Emanuela De Luca
In queste settimane di fermento all’interno delle università italiane continuano a prodursi occasioni di dibattito e critica pubblica sul DDL Gelmini di riforma dell’università. Così a Bologna, dove lo scorso 28 giugno, si è svolta una assemblea pubblica su questo tema organizzata dalla Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL di Bologna presso l’Aula Magna di Scienze Statistiche.
Sono intervenuti Manuela Ghizzoni (capogruppo del Partito Democratico alla Commissione Istruzione e Cultura della Camera dei Deputati), il prof. Ivano Dionigi (Magnifico Rettore dell’Università di Bologna), Patrizio Bianchi (Assessore Regionale Scuola, Formazione, Università, Lavoro) e Sandra Soster (Segretaria Generale FFLC CGIL Bologna). Soster ha iniziato col fornire un quadro generale della situazione in cui si trova l’università italiana alla luce dei provvedimenti normativi degli ultimi due anni. Ripercorrendo le tappe normative più recenti che hanno preceduto il DDL Gelmini (in particolare il DDL 112/2008 poi diventato legge 133/2008) e l’ultima manovra finanziaria, ha sottolineato come, da una parte, l’opinione pubblica e tutto il mondo del lavoro siano sensibili ai tagli sulla ricerca e sui giovani, puntando il dito contro gli enti locali e le forze di opposizione che – a suo parere – hanno avuto una reazione forte e decisa solo da ultimo. Con il disegno di riforma dell’università e con la recente manovra finanziaria – ha affermato Soster – « il merito viene archiviato come una categoria dello spirito, tutti sono ugualmente colpiti, alcuni più degli altri, ossia gli assegnisti e i docenti a contratto, spazzati via come stracci al vento anche se sono stati parte attiva nella produzione dei successi nella didattica, nella ricerca, nella gestione oculata degli atenei; e poi gli studenti e la qualità dei corsi e servizi loro offerti, della prospettiva dell’aumento delle tasse; sono i giovani e i meno giovani che non riusciranno ad entrare più e a garantire all’università il ricambio generazionale». Individuati questi nodi centrali, l’esponente CCGIL ha chiesto alle forze di opposizione e agli amministratori azioni convergenti verso due obiettivi: render bravi molti e finanziare ricerca e formazione. La parola è passata quindi all’onorevole Ghizzoni, la quale iniziando dal “percorso accidentato del disegno di legge” ha ricordato come «questo disegno di legge è stato più volte annunciato nel corso dell’anno scorso, la ministra si prese più di sei mesi dal momento in cui lo annunciò in pompa magna con un seminario (a cui le forze di opposizione non vennero peraltro invitate, ma vennero invitati soltanto alcuni rettori) e finalmente in ottobre lo depositò. Ad oggi ancora il progetto non è approdato in aula, non certo – come sostiene la ministra – per i ritardi dovuti ai farraginosi regolamenti del Senato, che in realtà non sono altro che tutele delle procedure democratiche. Il DDL, che ormai da un mese ha chiuso il proprio iter in Commissione Senato, non è approdato in aula perché molte cose sono state valutate prioritarie rispetto a questo disegno di legge, tra queste il decreto sulle intercettazioni, che è stato inserito con procedura d’urgenza in aula».
Manovra finanziaria permettendo, il disegno sulla riforma universitaria dovrebbe approdare in aula intorno alla metà di luglio. Quanto alla posizione del Partito Democratico, l’onorevole Ghizzoni ha ribadito con forza il fermo no e l’opposizione decisa che il suo partito ha già fatto in commissione Senato e farà nel momento in cui il DDL arriverà alla Camera, dove probabilmente si ripartirà quasi da zero in quanto il testo non è più quello licenziato dalla Gelmini.
L’onorevole ha aggiunto: «Questo ddl ha la stessa matrice dei provvedimenti sulla scuola. Questo governo procede a ridisegnare la società – democratica, uscita dalla costituzione – in modo regressivo, reazionario e lo fa intervenendo pesantemente sul sistema della conoscenza».
Nel suo intervento, il Magnifico Rettore dell’ateneo bolognese Ivano Dionigi, pur premettendo che l’80% dei principi del DDL possono essere condivisi e che le università con i propri statuti potranno agire in piena autonomia, ha rilevato tuttavia la situazione di tagli e di “cifre ballerine” che impediscono di elaborare un piano pluriennale certo. Questa situazione di incertezza – ha afferma– è aggravata dal contesto di credibilità pari a zero dei docenti e del personale accademico. Pertanto invita i docenti a fare una severa autocritica, in particolare sulla proliferazione di corsi in seguito alla riforma del 3+2, sulla improduttività scientifica di alcuni docenti e ricercatori, sui “docenti fantasma”, sui concorsi in cui a volte la selezione è “al rovescio”. Quanto alla situazione dei ricercatori – che viene definita “patologica” – il Rettore, ribadendo la posizione di solidarietà e sostegno assunta di recente dal Senato accademico, ha sostenuto che si debba innanzitutto moralizzare l’uso di queste risorse, che i posti flessibili si debbano relazionare alle assunzioni programmate e afferma che entro la fine dell’anno verranno banditi altri 22 concorsi.
Altro punto critico del decreto, secondo il Rettore Dionigi, è la totale mancanza di sostegno al diritto allo studio. Tuttavia, a fronte di altri atenei che hanno già programmato per il prossimo anno accademico un aumento cospicuo delle tasse universitarie e una diminuzione di finanziamenti per il diritto allo studio, il rettore ha informato che gli studenti di Bologna non pagheranno un euro in più di tasse e che non è stato loro tolto nulla dai sussidi al diritto allo studio.
L’Assessore regionale alla Scuola e Università Patrizio Bianchi, – ammettendo che la riforma universitaria del 2000 è stata un’occasione mancata di trasformazione dell’università dall’interno – ha condiviso il dissenso nei confronti di quella che ha chiamato “riforma Tremontini”.
Quanto alla situazione specifica dell’Emilia Romagna, ha proposto la riapertura della conferenza Regione-università – sottolineando come la piattaforma universitaria che va da Piacenza a Rimini debba ottimizzare le risorse al meglio e questo voglia dire «verificare l’offerta didattica, verificare le competenze esistenti, il funzionamento delle strutture di ricerca», e ha suggerito ai rettori di proporre degli accordi diretti col Ministero.
A margine degli interventi degli ospiti, alcuni dei presenti tra il pubblico hanno aggiunto osservazioni, dubbi e proposte. Tra questi, il prof. Leonardo Altieri (docente del dipartimento di Sociologia) ha notato, oltre l’estrema gravità dei tagli e il problema del precariato dei ricercatori, la mancanza assoluta di coerenza tra i principi della qualità della didattica e della meritocrazia affermati dal DDL e quella che dovrebbe essere la messa in pratica di questi principi.
Michele Filippini (della Rete Ricercatori Precari di Bologna), di fronte all’importanza e al ruolo indispensabile degli assegnisti e dei docenti a contratto, che sono un “pezzo di produzione del merito di questa università”, ha chiesto al rettore un tavolo di trattative grazie al quale si possa discutere di forme contrattuali più adeguate e dignitose per i precari.
Accorato l’appello della prof.ssa Maria Giuseppina Muzzarelli (docente di Storia medievale), la quale, esprimendo il proprio “imbarazzo generazionale”, ha invitato il rettore e le forze politiche di opposizione ad essere chiari, decisi, uniti e combattivi sui punti sui quali si intende far leva, esprimendo forti dubbi sulla possibilità di conciliare elementi tra loro contrastanti quali la qualificazione di molti, la ricerca pubblica e l’assenza di finanziamenti, ed esorta tutti ad una cosciente razionalizzazione delle risorse nell’ambito delle diverse sedi universitarie della regione.
Del medesimo tono l’intervento della prof.ssa Paola Monari, di Statistica, fortemente preoccupata per la situazione attuale, che ha invitato i docenti come lei a sostenere i ricercatori (che sono una ricchezza) e a non renderla vana assumendo l’incarico degli insegnamenti che potrebbero essere rifiutati in caso di protesta. A conclusione dell’assemblea, il rettore ha ribadito: «Preferisco sfidare il Governo piuttosto che sfilare» e l’onorevole Ghizzoni, ripetendo il forte dissenso che il PD esprimerà in Parlamento, ha chiesto dei toni più accesi anche da parte dei rettori e che vi sia un’azione convergente nei confronti della protesta dei ricercatori perché «la loro rabbia è l’unica cosa che il Governo teme».