venerdì 15 aprile 2011

Legge Gelmini. Il dibattito continua-I docenti

A cura di Bijoy M. Trentin e Emanuela De Luca

Pubblichiamo l’intervista al prof. Maurizio Matteuzzi, professore associato di Filosofia e teoria dei linguaggi presso l'Università degli Studi di Bologna (http://www.unibo.it/docenti/maurizio.matteuzzi).

1) La riforma universitaria da poco approvata dal Parlamento modifica il sistema universitario in particolare in tre settori: organizzazione interna delle università, diritto allo studio, stato giuridico e forme di reclutamento dei ricercatori e dei professori. Nel complesso, qual è il Suo parere su questa riforma?

Per maturare un parere definitivo e motivato sulla legge 240/10, al di là delle molte chiacchiere che sono state fatte, in specie entro una forte campagna mediatica governativa, è sufficiente porsi quattro semplici domande:

a) Questa riforma prevede un incremento o una diminuzione dei
finanziamenti alla ricerca pubblica?

b) Questa riforma prevede un incremento o una diminuzione del corpo docente?

c) Questa riforma, assieme al quasi coevo DM 17, prevede un incremento o
una diminuzione di coloro che potranno accedere agli studi universitari?

d) Questa riforma prevede una maggiore o minore partecipazione dei
docenti che non siano ordinari alla governance e ai canali di reclutamento?

Le risposte sono scontate. Tutto il resto è fumus, ossia, più volgarmente, aria fritta.

2) A Suo parere, vi erano degli elementi positivi nel vecchio modello universitario? E quali erano i problemi?

Certamente i problemi che presenta il mondo accademico sono molti e gravi. La cattiva distribuzione delle risorse, l'incertezza delle carriere, la mancanza di una programmazione di almeno medio periodo. Ed essi sono stati sempre più aggravati dal susseguirsi di provvedimenti governativi a singhiozzo, e con frequenza insopportabile. Ciascuno dei Ministri che si sono alternati nell'ultimo periodo ha emanato provvedimenti che hanno contribuito fortemente ad accrescere la confusione. Troppe riforme, non correlate tra di loro, si sono avute con Berlinguer, Zecchino, Moratti, Mussi, Gelmini. L'aggravio di confusione e di burocrazia per gli Atenei è stato grande e continuo, e condotto sempre entro un panorama di sostanziali riduzioni dei finanziamenti. Questo ha creato tra l'altro una pletora di figure accademiche non completamente realizzate. L'attuale confusione è simile a quanto si era creato alla fine degli anni 70. A quella confusione mise fine la legge 380/80, l'unica riforma organica degli ultimi trent'anni, l'unica con un progetto culturale dietro. In estrema sintesi, ritengo che il male più insidioso, e dagli effetti più gravi per il futuro, sia l'incapacità di proporre un percorso chiaro di reclutamento e di avanzamento di carriera per i giovani più promettenti; che, come è noto, perdiamo sistematicamente a tutto vantaggio di Paesi con politiche della ricerca meno miopi.

3) Ritiene che con la nuova riforma i problemi da Lei evidenziati troveranno soluzione? In che modo?

Come ho già detto, alla luce delle risposte date alle domande fondamentali, la 240/10 aggrava pesantemente tutti gli aspetti negativi preesistenti, oltre ad introdurne di nuovi.

4) Sin dalla presentazione sotto forma di bozza, il decreto sull'università è stato oggetto di numerose critiche, soprattutto dai ricercatori e dagli studenti, che hanno attivato da subito diverse forme di protesta, che hanno assunto, in prossimità dell'approvazione definitiva, forme inaspettatamente dure. Lei ha condiviso le ragioni e le forme della protesta? Pensa che, nonostante l'approvazione della riforma, abbiano avuto e possano avere ancora qualche utilità?

Io ritengo che la protesta sia un dovere etico, anche e soprattutto di fronte alle generazioni future, che saranno chiamate a saldare il conto di queste scelte. E aggiungo che le responsabilità sono direttamente proporzionali al peso rivestito entro il mondo accademico. Una riforma seria dovrebbe prima di tutto avere una solida copertura economica, altrimenti stiamo parlando del nulla. L'Italia, sesta o settima potenza economica mondiale, è agli ultimi posti in Europa per la spesa per la ricerca: 1% del PIL, contro una media europea del 2,2%. L'Italia è al penultimo posto tra i Paesi OCSE per il rapporto docenti/studenti (1 a 27 contro una media OCSE di 1 a 14). L'affermazione che ci sono troppi professori universitari è una bufala assolutamente insostenibile, messa in campo a sostegno di questa legge, e ripetuta a pappagallo da parlamentari che all'università non hanno mai messo piede.
Proprio ragionando in modo “aziendalistico” come vorrebbe il nostro Ministro, bisognerebbe chiedersi quello che chiederebbe qualsiasi uomo d'azienda di fronte a un progetto: “Quant'è il budget?”. Alla risposta “zero” la reazione sarebbe di una fragorosa risata. Purtroppo qui siamo di fronte non a uno zero, ma a un numero negativo. E allora si compie il passaggio dalla farsa al dramma: anziché da ridere resta solo da piangere.

5) Se Lei facesse parte di una commissione incaricata di elaborare una riforma dell'università, quale sarebbe la Sua prima proposta?

Abrogare la legge 240/10.