venerdì 15 aprile 2011

Legge Gelmini. Il dibattito continua-Gli studenti

A cura di Bijoy M. Trentin e Emanuela De Luca

Pubblichiamo l’intervista a Raffaele Serra, presidente del Sindacato degli Universitari, membro del Senato Accademico e del Consiglio Studentesco dell’Università di Bologna.

1) La riforma universitaria da poco approvata dal Parlamento modifica il sistema universitario in particolare in tre settori: organizzazione interna delle università, diritto allo studio, stato giuridico e forme di reclutamento dei ricercatori e dei professori. Nel complesso, qual è il Suo parere su questa riforma?

Il mio parere è nel complesso negativo, in quanto una riforma dovrebbe semplicemente guidare un processo di rinnovamento degli statuti degli atenei garantendone comunque l'autonomia. Invece qui ci troviamo davanti a un percorso obbligato che non permetterà alle singole università di realizzare degli statuti innovativi (come per altro l'Alma Mater tenta di fare da ben prima della riforma), bensì indirizza la realtà universitaria pubblica verso un forte ridimensionamento.

2) A Suo parere, vi erano degli elementi positivi nel vecchio modello universitario? E quali erano i problemi?

Vede, io non trovo nella riforma elementi tali da parlare di un "nuovo modello universitario". Sarebbe più corretto dire che il MIUR e MEF mettono gli atenei sotto un’amministrazione controllata, è insomma un passo indietro: se la riforma Ruberti nel 1990 sanciva l'autonomia delle università, la riforma Gelmini del 2010 elimina questa autonomia.

3) Ritiene che con la nuova riforma i problemi da Lei evidenziati troveranno soluzione? In che modo?

I problemi del nostro sistema universitario sono tantissimi e molto gravi. Per cominciare, molte università hanno usato la loro autonomia per scopi che possiamo definire "poco nobili" e gli stessi docenti, che sono autonomi nello svoglimento del loro compito di insegnamento, sembrano ricordare questa autonomia solo quando si tratta di ridurre gli appelli o non aggiornare il loro programma di insegnamento. Insomma, gli studenti con anni di lotte hanno conquistato una università con accesso di massa, ma i docenti oggi non offrono una didattica di massa, non si sono adattati a un mondo in cui tutta la cultura del mondo è nel salotto o nella camera di tutti noi, a protata di click. I docenti oggi pretendono di essere i detentori dello scibile e non ammettono la partecipazione degli studenti nel processo di apprendimento: “tu stai oltre la cattedra e ricevi le nostre nozioni”. Noi crediamo in una didattica diversa, dove docenti e studenti abbiamo meno lezioni frontali e più confronti diretti.

4) Sin dalla presentazione sotto forma di bozza, il decreto sull'università è stato oggetto di numerose critiche, soprattutto dai ricercatori e dagli studenti, che hanno attivato da subito diverse forme di protesta, che hanno assunto, in prossimità dell'approvazione definitiva, forme inaspettatamente dure. Lei ha condiviso le ragioni e le forme della protesta? Pensa che, nonostante l'approvazione della riforma, abbiano avuto e possano avere ancora qualche utilità?

Più che il mio pensiero le metto davanti dei fatti esemplari:  Il governo ha tagliato i fondi alle università nel 2008, ha proposto un taglio ai fondi per il diritto allo studio del 90% e ha tentato di approvare la riforma dell'università senza discutere ed entrare minimamente nel merito delle questioni. Con una forte protesta del mondo accademico abbiamo ottenuto un reintegro di 800mln di euro del Fondo di Finanziamento Ordinario e 100mln di euro nel fondo per il Diritto allo Studio nella Legge di Stabilità 2011. Molti lo dimenticano, ma qualche emendamento è stato approvato come, per esempio, la previsione di atenei multicampus come la nostra Alma Mater.
 
5) Se Lei facesse parte di una commissione incaricata di elaborare una riforma dell'università, quale sarebbe la sua prima proposta?

La mia prima proposta sarebbe la riorganizzazione del sistema universitario a livello nazionale per mettere fine all'abitudine tutta italiana di una università sotto casa per tutti. Ovviamente questo disegno deve prevedere un piano nazionale di mobilità studentesca e diritto allo studio: non vorrei più sentire che uno studente non studia nella migliore università perché non può permettersela: studiare a Bologna dovrebbe costare ad una famiglia come studiare a Palermo, che la famiglia sia lombarda o campana.